Non dire addio ai tuoi vestiti troppo presto!

Riparare i vestiti è un gesto che fa risparmiare denaro e preserva il pianeta. Ma bisogna saperlo fare.

Se io dovessi prendere in mano ago e filo mi troverei in serie difficoltà, infatti ho mandato alle ortiche tutto l’impegno di mia mamma che voleva insegnarmi da bambina il punto croce. Quindi diciamo che il rammendo non è mai entrato nelle mie attività quotidiane, un po’ per tempo o per scelta, cosa invece normalissima ai tempi delle nostre nonne. Sicuramente oltre al fattore tempo, la moda usa e getta ha influenzato le nostre abitudini, più economica da sostituire che da riparare.

La verità è che la riparazione degli indumenti è un atto parsimonioso, creativo e persino radicale in un’era di produzione di massa di capi in serie e grottesche commercializzazioni. Non solo è uno strumento potente per prolungare la vita degli indumenti e mantenere i rifiuti tessili fuori dalle discariche, ma è anche un modo accessibile per partecipare alla moda sostenibile senza dover acquistare nulla di nuovo.  Il fast fashion ha cambiato radicalmente il comportamento dei consumatori che acquistano il 60% di vestiti in più, conservandoli per metà del tempo rispetto a solo 15 anni fa.

Cattive notizie, il fast fashion (moda veloce):

  • è responsabile del 20% dello spreco globale di acqua
  • produce il 10% delle emissioni di anidride carbonica
  • emana più gas serra (il 2% delle emissioni totali) rispetto a tutti gli spostamenti aerei e navali di tutto il mondo
  • utilizza pesticidi che vanno a inquinare i fiumi e i terreni vicini alle fabbriche che ogni giorno scaricano nell’acqua con coloranti tossici e ogni tipo di sostanze dannose e aggressive. In tal caso, a risentirne non sono solo le acque e i terreni, ma anche le popolazioni che abitano nei dintorni. Ad oggi a causa di questo è la seconda industria più inquinante al mondo dopo il petrolio!
  • ha imposto la creazione di coltivazioni intensive di cotone che hanno gravato in maniera abnorme sui bacini idrici dei paesi in via di sviluppo.

Un altro punto assai dolente è l’enorme produzione di rifiuti. Come suggerisce il termine stesso, il fast fashion è stato pensato proprio per avere vita breve. Nel 2020 sono state differenziate 143,3mila tonnellate di rifiuti tessili urbani, pari a circa lo 0,8% del totale della raccolta differenziata (per fare un paragone, la plastica è pari all’8,6% e il vetro al 12,2%). [fonte Altraeconomia, Marta Facchini — 29 Dicembre 2021].

Fondamentale è quindi la destinazione finale dei rifiuti tessili, bisogna cioè impedire che arrivino in discarica o vengano inceneriti così facilmente. Ognuno di noi può impedire la tendenza scegliendo di riparare i propri capi d’abbigliamento con pochi euro e dar loro una vita più lunga; non facciamoci spaventare da un buco, da una cerniera rotta, da una taglia sbagliata. E se siete negat* come me nel rammendo, Dress Again LAB è il posto giusto dove sarte esperte riportano a nuova vita i vostri vestiti.

PS. Se l’aspetto ambientale o affettivo non vi basta, con Dress Again sostenete anche un progetto sociale.